Che gli asini siano preziosissimi nei luoghi e nei momenti più difficili dell’umanità è storia.
E noi di Cavallo Magazine non abbiamo mai mancato di farlo notare.
Perché siamo orgogliosi di questi cugini dalle lunghe orecchie, che hanno un grande cuore e una sensibilità eccezionale.
Frugali, resistenti, capaci di sopportare l’insopportabile: queste loro doti sono anche la loro condanna, perché li rendono indispensabili sui teatri delle peggiori tragedie umane.
Gli asini, come i cavalli, non hanno bisogno di petrolio o gasolio o elettricità: funzionano con il carburante più comune del mondo, fieno o anche solo erba o sterpi o foglie se butta particolarmente male.
Ancora più dei cavalli gli asini possono risultare utili perché sono più piccoli e più rustici, richiedono meno cibo e meno acqua per vivere e quindi funzionare.
Per questo li vediamo in tante foto di agenzia o video che parlano di carestie e guerre in giro per il mondo: loro ci sono sempre, dove c’è gente che soffre. Curioso, no?
Come a Gaza: dove gli asini trasportano quel po’ di acqua e cibo che si riesce a trovare, persone malate o ferite, e i cadaveri delle persone uccise.
Poveri asini magri, stenti, coperti di polvere in mezzo a persone che comeloro stentano a mangiare, non hanno acqua da bere e figuramoci per lavarsi.
Ebbene, ci sono delle Onlus che mettono in salvo gli asini della striscia di Gaza. Prendono gli animali denutriti, sofferenti, abbandonati e li ricoverano in diverse strutture dedicate.
Una si trova in Israele, altre in Francia e in Belgio: gli asini vengono aviotrasportati là, dove trovano cure e un rifugio sicuro.
Sia chiaro: ogni animale che viene portato in salvo e al sicuro è una macchia in meno sull’anima del mondo.
Ma valgono anche i bambini, ricordiamocelo.
E le donne, e le persone anziane, e qualsiasi essere umano.
E poi sì, ci vorrebbe davvero un cuore nero a pensare che salvare gli asini portandoli via da lì sia un modo per lasciare ancora meno forza, ancora meno aiuti a chi è intrappolato nella Striscia di Gaza.
Siamo sicuramente peccatori ma perdinci, non fino a questo punto.
Non ancora, per lo meno.